Una delle caratteristiche peculiari del sistema italiano è la straordinaria capacità di tradurre nuove idee imprenditoriali in nuove forme di attività economica.

La struttura produttiva italiana si caratterizza, rispetto ai principali paesi industrializzati, per la presenza diffusa, nella maggioranza dei settori, di unità produttive di piccole dimensioni. Esse rappresentano lo specchio e insieme l’incentivo a consolidare quel modello di specializzazione che da tempo contraddistingue l’industria italiana nella divisione internazionale del lavoro.

La retorica del “piccolo è bello”, tuttavia, è lontana nel tempo. Non perché siano venute meno le virtù dell’imprenditorialità diffusa, della creatività e della flessibilità in queste piccole realtà ma perché la rapida evoluzione dei mercati e dei concorrenti richiede che, accanto a queste preziose risorse, trovi spazio una cultura di crescita dimensionale, di competizione per accrescere potere di mercato e reputazione presso la clientela, di scommessa sull’innovazione tecnologica, di gestione delle organizzazioni complesse. Il piccolo delle nicchie interstiziali non è bello se rimane “nanismo di nicchia” e intorno ad esso non si sviluppano imprese che puntano su una crescita dimensionale vigorosa e di largo respiro basata sulla costruzione di posizione di leadership di mercato, su politiche di marchio, su formazione e impiego di capitale qualificato.